Daniele Semeraro

Giornalista

La piaga dei falsi click sulle pubblicità e altre storie

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Google AdSense, uno dei sistemi pubblicitari più diffusi sul web, perderebbe circa un miliardo di dollari americani ogni anno per falsi o invalidi click. E le aziende, che si affidano a “Big G” per pubblicizzare su internet i loro prodotti corrono all’attacco, chiedendo maggiore trasparenza e metodi più sicuri nel riconoscimento dei click invalidi. È indubbio che il servizio si basa sulla fiducia dei publishers, che inseriscono gli annunci nei propri siti e che poi, però, non devono fare click (o non devono dire ai propri amici di farlo) per guadagnare qualche soldino in più. La piaga, però, esiste e almeno per il momento è incontrollabile, nonostante le norme anche troppo dure (di cui parleremo più avanti) inflitte da Google.

Il tasso di click non validi, spiega l’azienda, dal momento del lancio di AdWords nel 2002 non è mai salito al di sopra del dieci per cento del numero globale di click. Ogni punto percentuale di click invalido, però, rappresenta per Google 100 milioni di dollari all’anno in potenziale guadagno volato via, spiega alla testata canadese Cbc Shuman Ghosemajumder, business product manager di Google. Ma cosa accade quando si fa click su link invalidi? Chi paga? Come fa ad accorgersene la compagnia? E soprattutto: perché sempre più spesso webmaster assolutamente in buona fede si sono trovati di punto in bianco esclusi dal programma pubblicitario?

I click invalidi, attualmente, non vengono pagati dai publishers a Google, e ad andarci di mezzo – in effetti – risulta solo il motore di ricerca. Per questo la protezione dei click fraudolenti è un argomento che sta molto a cuore ai tecnici di AdWords, che stanno compiendo numerosi sforzi per creare sistemi trasparenti. I risultati, al momento, dimostrano che le azioni di prevenzione, forse fin troppo eccessive, stanno però dando buoni risultati.

Proprio lo scorso anno Google ha lanciato l’AdWords Report Center, servizio che mostra agli advertiser quanti click vengono esclusi. La compagnia ha spiegato che riesce a determinare i click invalidi attraverso un sistema di tre passaggi: un primo passaggio è automatico, un secondo manuale e poi ancora un terzo misto manuale-automatico (solo lo 0,02 per cento arriva fino a questo stadio).

Purtroppo, però, ce lo avete scritto spesso tra i commenti o le e-mail ed è capitato a una marea di persone in giro per la rete, capita che webmaster completamente in buona fede si vedano annullati i propri contratti senza giustificazione. Copio/incollo un caso abbastanza emblematico. Ci scrive Antonello:

“Sono il proprietario del sito www.stivalebucato.it, un sito di satira tirato su insieme ad alcuni amici con tanta fatica. Ovviamente lo facciamo per hobby, ma quei pochi soldini che arrivavano dalla pubblicità di Google ci facevano comodo. Un giorno, durante un aggiornamento, il sito si vedeva male ed era disallineato, e così abbiamo dovuto fare numerosi refresh. Qualche giorno dopo Google ci ha scritto dicendo – senza voler sapere ragione, anche dopo numerose lettere di protesta e spiegazioni – che il nostro account era stato disabilitato. Ovviamente abbiamo perso tutti i soldi accumulati fino a quel momento e ora non guadagnamo praticamente più niente. Un problema tecnico (e non una frode) che ci è costata moltissimo”.

Questo – dicevamo – è solo uno dei tanti esempi. Dunque credo che sia arrivato il momento di trovare un metodo di selezione dei click validi/invalidi più sicuro e funzionale. Assurdo che una società democratica e “progressista” come Google si autodefinisce sia costretta, suo malgrado immaginiamo, a dover fare “la parte del cattivo” nei confronti dei propri utenti.


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