Daniele Semeraro

Giornalista

Il racconto dei testimoni di Dahab: "All'improvviso, come in guerra"



Terrore, sdegno e tanta rabbia nelle testimonianze dei turisti
“Feriti medicati per strada con i kit di pronto soccorso di un negozio”

Dahab, il racconto dei testimoni
“Sembrava di essere in guerra”

Un italiano in vacanza: “Gli egiziani ci hanno spinto lontano dal luogo
delle esplosioni, avevano subito capito di cosa si trattasse”

di DANIELE SEMERARO

ROMA – “All’improvviso le prime due esplosioni, abbiamo cominciato a fuggire, e poi…”. È il primo racconto dei due dei tre nostri connazionali feriti negli attentati di ieri sera nella cittadina di Dahab, sulla costa sud-orientale del Mar Rosso. I due hanno potuto parlare con i militari della Marina Militare che li hanno ospitati a bordo del pattugliatore Vedetta, ormeggiato a Sharm el Sheik e che fa parte della Mfo, la forza multinazionale nel Sinai. Secondo una prima ricostruzione, hanno sentito subito le prime due esplosioni, senza però vedere nulla. Poi si sono messi a correre, quando il terzo scoppio li ha investiti. Per adesso non sono stati resi noti altri particolari. I due italiani, assistiti dal personale medico del contingente, hanno ustioni di secondo grado alle gambe. Il terzo italiano è invece ricoverato, in condizioni più serie, nell’infermeria dell’ospedale di Sharm con una ferita lacero-contusa al braccio, per la quale gli sono stati applicati punti di sutura. La Farnesina ha organizzato per loro il rientro in Italia entro questa sera.

Intanto continuano ad arrivare le testimonianze degli altri testimoni oculari: “C’erano corpi dappertutto, non ho mai visto niente di simile, sembrava di essere in guerra”, racconta ancora molto scosso il medico tedesco Michael Hartlich. “Ero in Sinai per trascorrere le vacanze. Quando sono scoppiate le bombe mi sono trovato – continua – un bambino tra le braccia. Ho cercato di medicarlo, ma è morto pochi istanti dopo. In ogni dove c’era sangue, forte odore di carne e capelli bruciati”. Molto simile il racconto di un altro turista testimone oculare, Serge Loussararian: “C’erano pezzi di corpi in ogni parte sulle strade. Ambulanze e macchine improvvisate trasportavano i turisti in ospedale. C’era molto fumo, la gente correva dappertutto”.

E ci sono anche testimonianze eroiche, come quella di Magnus Tersson, ventottenne istruttore di sub: “La gente si accasciava a terra tra la folla, piangeva e chiedeva aiuto. Sono entrato in un negozio poco distante dal luogo dell’esplosione, ho preso i kit di pronto soccorso e tutto quello che poteva essermi utile, sono tornato in strada e ho iniziato a medicare la maggior parte di persone possibile, fin quando non sono arrivate le prime ambulanze”.

Numerosi anche i turisti italiani presenti nella zona al momento delle esplosioni. La testimonianza più drammatica è probabilmente quella di Marco Merlino, istruttore subacqueo che si stava dirigendo verso un supermercato di Dahab: “Abbiamo visto colonne di fumo e persone venire verso di noi, ferite e ricoperte di sangue. Subito dopo la situazione è diventata estremamente caotica”.

Silvio Broggi, medico, vive con la moglie a Valfenera, in provincia di Asti. Si trovava a Dahab con un gruppo di amici italiani che lavorano al Cairo: “A parte la rabbia per quello che è accaduto – racconta – ci si rende conto in questi momenti di come siamo ben poca cosa: sarebbe bastato fermarsi mezzo minuto in più in quel punto e a quest’ora saremmo morti. Al momento dell’attentato camminavo con alcuni amici sul lungomare, a una cinquantina di metri da dove sono avvenute le esplosioni. Io non ho potuto vedere nulla, ma un amico che si trovava dietro di noi ci ha raggiunto e ha detto di aver visto il ponte coperto di corpi dilaniati. I passanti egiziani hanno subito capito di cosa si trattava, ci hanno spinti lontano dal luogo delle esplosioni, prima ancora che intervenisse la polizia”.

Roberta Panza, 33 anni, di Napoli, era in vacanza con le amiche: “Quando ho sentito la prima esplosione – racconta, ancora molto scossa – ero dentro un negozio. C’erano due amiche con me. Una di loro è fuggita fuori, io e l’altra siamo rimaste a cercare riparo lì dentro. Poi, al secondo botto, siamo scappate anche noi. Siamo arrivate in uno spiazzo, ci siamo fermate a prendere fiato e abbiamo visto la gente che arrivava. C’erano feriti, qualcuno che si lamentava, tutti chiedevano che cosa fosse successo. Ora voglio solamente andare via da qui”.

Più tranquilla la testimonianza di un’altra turista italiana, Kety Budai, 33 anni di origine friulana, che avrebbe dovuto terminare ieri sera una vacanza di una settimana nella località turistica egiziana: “Stiamo tutti bene – ha raccontato – e, per quello che è stato possibile, stanotte siamo riusciti anche a riposare un po’. Quando sono scoppiate le bombe io ero in albergo e le mie due amiche fortunatamente erano rientrate da poco da un ultimo giro in paese. Alle 20 un taxi ci avrebbe dovuto prelevare e portare all’aeroporto di Sharm el Sheik per fare rientro in Italia. Abbiamo sentito le tre esplosioni, botti non fortissimi, e come tutti ci siamo preoccupate. Naturalmente dopo le bombe il programma è cambiato e tutti siamo rimasti in albergo. Poi ci siamo trasferiti sulla spiaggia, a pochi metri dalla struttura, ci hanno detto per motivi di sicurezza. A tarda ora siamo riusciti a tornare in camera. Oggi – conclude – torneremo in Italia, sappiamo che i tour operator si stanno organizzando per i rientri”.

Racconta un’altra connazionale, Francesca Domeniconi, giovane operatrice turistica di Cesena, titolare con altri tre italiani di una società che ha costruito sulla spiaggia un alberghetto familiare di 14 stanze: le tre esplosioni di ieri sera a Dahab “non sono state molto forti, al punto che pensavamo si trattasse di bombole di gas, e non di attentati. Tant’è vero che dopo l’episodio non è scoppiato il panico tra i nostri dieci ospiti italiani: sono rientrati in albergo poco dopo, erano certamente incuriositi, forse leggermente spaventati, ma dopo aver cenato sono andati tranquillamente a dormire. Tra le 19 e le 19.30 abbiamo sentito prima due scoppi, assai ravvicinati, e poi un terzo, qualche secondo più tardi. Non erano forti, anche se le esplosioni, ci hanno detto, si sono verificate a meno di un chilometro da qui. Il nostro ristorante era già pieno di clienti e abbiamo cercato di capire che succedeva. Subito dopo è arrivata la famiglia italiana che era al passeggio al centro ed erano tutti in perfetta salute, neanche troppo impressionati”.

(25 aprile 2006)


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