Daniele Semeraro

Giornalista

Le donne studiano di più e meglio, ma sono insoddisfatte nel lavoro



Secondo il Rapporto Censis 2005 sulla situazione del Paese cresce, tra i laureati, la conoscenza delle lingue e aumenta il “marketing” tra gli atenei

Le donne studiano di più e meglio
ma sono insoddisfatte nel lavoro

ROMA – Le donne italiane studiano di più, e spesso con risultati migliori, dei coetanei dell’altro sesso. Il segmento di popolazione con il maggior peso nella componente formativa è quello correlato alla formazione post-laurea. E, ancora, la quasi totalità degli universitari conosce almeno una lingua straniera. È la fotografia del mondo universitario italiano che emerge dall’annuale Rapporto sulla situazione sociale del Paese stilato da Censis.

Per quanto riguarda le donne, analizzando la forza lavoro femminile tra i 25 e i 64 anni si scopre che il 12,1% è in possesso della laurea, contro l’11,1% degli uomini. Ma non è tutto, perché tra le fasce giovanili la maggior propensione femminile allo studio si fa ancora più evidente: la quota di donne laureate si attesta al 17,4% contro il 12,2% degli uomini. Decisamente migliori anche le performance universitarie: il 20,4% delle ragazze si laurea in corso, contro il 16,7% dei ragazzi.

Nel mondo del lavoro, poi, si registra una presenza più consistente delle donne nelle aree umanistiche: a sorpresa al primo posto nella classifica delle donne laureate compaiono le “dottoresse” in giurisprudenza, seguite dalle colleghe laureate nel settore economico-statistico e letterario. A fronte di percorsi così brillanti, però, rileva ancora il Censis, i destini occupazionali e di carriera non sono troppo soddisfacenti, spesso a causa della laurea conseguita, che non permette numerosi sbocchi nel mondo del lavoro.

Altro dato importante è quello della formazione post-laurea, che sembra essere ad appannaggio quasi esclusivo dei giovani tra i 25 e i 44 anni. Ragazzi, quelli che hanno finito l’università, che si trovano ad avere un buon rapporto con la lingua straniera, perché, a fronte del 61,5% della popolazione che ammette di non conoscerne alcuna, la quasi totalità di loro (il 92,4%) ne padroneggia almeno una.

Una curiosità, infine, dal mondo degli atenei: la competitività tra le diverse università ormai si gioca attraverso le strategie di marketing. Negli ultimi anni, infatti, sono cresciute le risorse investite per la pubblicità e per le iniziative promozionali con un incremento (dal 1999 al 2003) del 221,5%. Questa “novità” entra a pieno titolo a far parte di quel “circolo vizioso” che si instaurerebbe tra incremento dei finanziamenti, maggiore produttività scientifica, maggiore possibilità di reclutare i migliori docenti disponibili.

(2 dicembre 2005)


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