Daniele Semeraro

Giornalista

Quasi sei milioni di analfabeti. E il 66% degli italiani è a rischio


Tra coloro che non sanno leggere e scrivere e chi ha solo licenza media o elementare, oltre la metà della popolazione è in condizione di difficoltà

Quasi sei milioni di analfabeti
e il 66% degli italiani è a rischio

ROMA – Quasi sei milioni di cittadini italiani, il 12% della nostra popolazione (5.981.579 persone per la precisione), sono analfabeti e senza alcun titolo di studio. È quanto emerge da un’inchiesta dell’Università di Castel Sant’Angelo dell’Unla (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo) sull’arretratezza e gli squilibri educativi nell’Italia di oggi.

La ricerca, che si basa sui dati del censimento Istat del 2001, mostra come i cittadini italiani per quanto riguarda il livello d’istruzione raggiunta formino una “piramide appuntita”: in alto, il 7,5% pari a circa 4 milioni, figurano i laureati; subito sotto coloro che hanno frequentato la scuola superiore (il 25,85% della popolazione). Segue la scuola media (30,12%), mentre il 36,52% dei cittadini hanno frequentato solo la scuola elementare. In particolare, questi ultimi due dati sono molto importanti, perché, essendo le licenze media e elementare insufficienti per affacciarsi sul mondo del lavoro di oggi, se aggregati insieme a quelli degli analfabeti totali si arriva alla cifra impressionante di quasi 36 milioni (il 66% della popolazione) di “ana-alfabeti”, e cioè del tutto analfabeti o appena alfabeti.

A livello territoriale, poi, nove regioni (Basilicata in testa, poi Calabria, Molise, Sicilia, Puglia, Abruzzo, Campania, Sardegna, Umbria) si attestano oltre la soglia di allarme dell’8%, calcolata dagli studiosi riguardo alla popolazione senza titolo di studio. Stessa situazione per le città con oltre i 250 mila abitanti: Catania, con l’8,4% è la più analfabeta, seguita da Palermo, Bari e Napoli. A livello mondiale, infine, l’Italia, in base ai dati Ocse 2004, si colloca al terz’ultimo posto nella classifica dei primi trenta paesi più istruiti, seguita solo da Portogallo e Messico.

“Tra il 20 e il 25% di ragazzi e ragazze che escono dalla scuola media inferiore non sa leggere o scrivere, segno inequivocabile che la la scuola dell’obbligo non ha fruttato. Aggredire questa massa significa dare un contributo straordinario al lavoro ordinario della scuola” è il grido d’allarme di Tullio De Mauro, docente di Linguistica all’Università “La Sapienza” di Roma. “L’investimento nella scuola ordinaria – continua De Mauro – deve essere al centro dei nostri pensieri, ma rende dopo anni. L’educazione degli adulti, invece, ritorna immediatamente, e da questo punto di vista è grave la negligenza del governo.

D’accordo anche Sergio Zavoli, giornalista e senatore Ds, che avanza una proposta innovativa: “In un tempo in cui la rivoluzione non è più il cambiamento ma è la velocità di questo, ascoltando questi dati abbiamo appreso che siamo tra i Paesi più attardati rispetto a questo fenomeno. Credo che sia il tempo di realizzare una forte sinergia tra scuola e tv: quest’ultima non solo deve informare, ma comunicare, trasmettere valori. Scuola e tv devono ricostruire un rapporto”.

(14 novembre 2005)


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